mercoledì 23 maggio 2018

Il populismo all'italiana


Come mai gli italioti son così propensi al populismo? Perché non ne possono più dei partiti tradizionali, del vecchio che li ha sempre delusi, che non ha mai mantenuto nessuna promessa, perché vorrebbero cambiare tutto, soprattutto i politici che vedono da decenni.
Fin qui va tutto bene. L’aspirazione a cambiare è legittima. Ma una transizione del genere non può essere improvvisata da persone senza esperienza e senza cultura.
Ecco l’improvvisazione, il pressapochismo, il voler azzardare. Si tenga però presente che stiamo giocando d’azzardo con i nostri soldi, con quel po’ di benessere che abbiamo, con la nostra democrazia. Non tutto va buttato via.
Il ribellismo è tipico della storia italiana – ma un ribellismo improvvisato, caotico e disorganizzato che non sfocia in nulla di buono. Il vecchio è sempre più furbo e alla fine ritorna, peggio di prima. Non è successo così, per esempio, in tempi recenti con le rivolte del ’68 e con le Brigate rosse?
Infine c’è un’altra tendenza, ancora più pericolosa. Buttare tutto all’aria per affidarsi all’ “Uomo della Provvidenza”. È un vecchio meccanismo che viene agli italiani dalla tradizione religiosa, che è tutto meno che democratica, che sogna sempre il Salvatore.
Non è un caso che i due leader giallo-verdi si siano fatti cogliere, l’uno con i Vangeli e il rosario in mano e l’altro mentre andava a messa. È questa vecchia cultura cattolico-autoritaria che salta fuori nei momenti di crisi. Gli italioti vorrebbero avere il despota, il dittatore cui demandare ogni decisione. Un tipo come Putin?

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