Non capisco perché gli italiani si lamentino tanto. Nelle ultime
elezioni nazionali hanno votato in massa per il partito della decrescita: i
Cinque Stelle. Nella loro idea c’è sempre stata la contrarietà verso le grandi
opere, e un programma più o meno utopistico di dismissioni di tutte le
industrie inquinanti. Non c’è da meravigliarsi dunque che non riescano a risolvere
la crisi dell’Ilva e tante altre crisi industriali e commerciali. Non riescono e
non vogliono. Ci siamo dimenticati che erano anche contro le aperture festive
dei negozi?
La società da loro vagheggiata è quella dell’antico paese, dove si
lavorava poco e la domenica si andava tutti a messa chiudendo gli esercizi commerciali.
E non ci si spostava né con i treni né con gli aerei. Queste erano le idee di
Grillo (un milionario con tante ville) e Casaleggio. Per loro non c’era neppure
più bisogno di lavorare. Non c’è il reddito di cittadinanza?
Del resto, Di Maio aveva già proclamato da un balcone la fine
della povertà e un anno fa aveva anche sostenuto che lui – a differenza dei
suoi predecessori – aveva risolto la crisi dell’Ilva. Ma non abbiamo visto né
la fine della povertà né la soluzione dei problemi industriali.
Che dire di questo politico improvvisato e privo di adeguati
strumenti intellettuali per capire la complessità della vita italiana? Che gli elettori
lo hanno votato e, senza capirlo, hanno scelto la decrescita. Ora si sono
svegliati dal sonno e dalle facili illusioni. Ma stanno già convergendo verso
altre illusioni: quelle di un partito che riporta in auge autoritarismo e
fascismo… ma che certamente risolverà, con il sostegno del fondamentalismo
cattolico, tutti i loro problemi.
Per gli italioti c’è sempre un “uomo della Provvidenza”.
Non hanno ancora capito che devono rimboccarsi loro le maniche e
darsi da fare personalmente senza tante deleghe e fedi infondate.