domenica 27 dicembre 2015

La farsa del potere

Dire che questa è la società dello spettacolo è notare un dato di fatto. Tutti i leader, dai politici al Papa, stanno ogni giorno in televisione a ballare e cantare e a raccontarci balle.
Che il potere sia semplice rappresentazione, gesto e parola è più che evidente, ed è un’antica faccenda, una quasi nobile pagliacciata. Chi comanda, forse, non si rende conto dello spettacolo velleitario e penoso che offre a chi non cede alla propaganda e guarda queste scene come parte di una carnevalata. I potenti si riuniscono in vertici, prendono decisioni e soprattutto parlano parlano…
È sempre stato così. E non cambia mai niente: i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sono sempre più poveri. E che ne è dei provvedimenti contro l’innalzamento delle temperature? Enzo Bianchi, priore di Bose, dice che tutti i governi sono inginocchiati al mercato. Sì, anche la Chiesa.
Però il problema è che oggi, come scrive “Critica liberale”, questa non è più la società dello spettacolo, ma dell’avanspettacolo.

Siamo cioè precipitati da una rappresentazione fittizia ad un’esibizione farsesca, che non solo non aiuta nessuno, ma, non decidendo nulla di significativo, fa danni.

giovedì 17 dicembre 2015

I familisti

Sappiamo che l’italiota è un familista per definizione. Non si muove da solo, ma in gruppo. E il suo gruppo di base è la famiglia.
Così, quando è in una posizione di potere, favorisce smaccatamente i familiari, gli amici, le mogli, le amanti, le persone del suo giro sociale, e se ne frega di tutti gli altri, che sente come estranei se non come nemici.
Forse non c’è un politico in Italia che non faccia affari in questo modo. Indifferente a questioni di merito e di competenza.
Perfino le banche lavorano così: concedono prestiti non in base a criteri oggettivi, ma in base a criteri del tutto soggettivi. Favoriscono i familiari, gli amici, gli amici degli amici, gli amici del partito o gli amici del movimento di cui fanno parte - politico, religioso, massonico, mafioso, ecc.
Ma, con questi criteri, non si va lontano. E, prima o poi, arriva la crisi.
Come fare ad uscire da questa primitiva, obsoleta e provinciale mentalità clanica?
È difficile: dovremmo favorire una cultura del merito e dell’imparzialità. Dovremmo combattere il settarismo.
Ma la faziosità è proprio un’altra delle caratteristiche italiche.
E allora?
Forse trovare politici e amministratori… orfani.