Sappiamo che l’italiota è un
familista per definizione. Non si muove da solo, ma in gruppo. E il suo gruppo
di base è la famiglia.
Così, quando è in una
posizione di potere, favorisce smaccatamente i familiari, gli amici, le mogli, le
amanti, le persone del suo giro sociale, e se ne frega di tutti gli altri, che
sente come estranei se non come nemici.
Forse non c’è un politico in
Italia che non faccia affari in questo modo. Indifferente a questioni di merito
e di competenza.
Perfino le banche lavorano
così: concedono prestiti non in base a criteri oggettivi, ma in base a criteri
del tutto soggettivi. Favoriscono i familiari, gli amici, gli amici degli
amici, gli amici del partito o gli amici del movimento di cui fanno parte - politico,
religioso, massonico, mafioso, ecc.
Ma, con questi criteri, non
si va lontano. E, prima o poi, arriva la crisi.
Come fare ad uscire da
questa primitiva, obsoleta e provinciale mentalità clanica?
È difficile: dovremmo
favorire una cultura del merito e dell’imparzialità. Dovremmo combattere il
settarismo.
Ma la faziosità è proprio un’altra
delle caratteristiche italiche.
E allora?
Forse trovare politici e
amministratori… orfani.
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