martedì 10 giugno 2014

L'Italia nel pallone

Il calcio è l’unica passione che accomuna gli italiani, anche perché si tratta di uno sport dove contano poco le strategie e si può improvvisare – quello che appunto si fa sempre in questo paese. L’italiota crede poco nella preparazione e nello studio. Essendo cattolico, crede di più nel miracolo. Così pensa che ogni quattro anni si possano mettere insieme undici giocatori in una squadra raffazzonata e sperare di combinare qualcosa nei campionati del mondo, di strappare qualche gol fortunato, di avere un colpo di fortuna. Ma, quest’anno, ciò che manca agli italiani è lo spirito: da noi domina la depressione - economica, sociale e morale.
Forse, per la prima volta nella sua storia, l’Italia si rende conto della pasta di cui è fatta: improvvisazione, corruzione e furbizia. Ma ha sbagliato i suoi conti mettendosi insieme a gente, gli europei del nord, per cui i soliti giochetti non contano più. Ci vuole rigore, e noi non ne abbiamo. Bisogna far quadrare e conti, e da noi non sono mai quadrati.
Cinquant’anni fa era esattamente come oggi: non si trovava lavoro, si sperava nella raccomandazione e si entrava in politica per arricchirsi con pochi sforzi.

L’italiota non è cambiato: è sempre lo stesso. Solo che si trova in un mondo nuovo, e non sa più a che santo votarsi. Il problema è che ci vorrebbe serietà - e qua non si sa dove trovarla.
Però, esiste sempre il pallone, che, essendo tondo, rotola dove vuole, e qualche volta entra anche in rete - nella rete degli avversari.

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