In questi giorni le televisioni italiote sono
inguardabili: isteria, crisi di nervi, insulti, insinuazioni, facce tese,
battibecchi continui, polemiche velenose, colpi bassi, denunce reciproche e una
faziosità senza fine. Soprattutto si è
perso il senso della misura. Certamente il momento è importante, perché si
vuole riformare la costituzione italiana che è la legge fondamentale dello
Stato.
Ma i toni sono troppo accesi, perché gli
avversari, i partiti del “no”, intendono il voto come un modo per far cadere il
governo di Renzi, che ha legato le sue fortune all’approvazione della riforma.
Di conseguenza molti votano non sul merito della riforma, ma per partito preso.
Ed è un peccato, perché la riforma dà
all’Italia ciò che da decenni si chiedeva: fine dell’inutile bicameralismo
perfetto, un riallineamento tra Stato e regioni, una diminuzione del numero di
senatori e la nascita di una Camera delle regioni - tutte modifiche che
renderebbero lo Stato più rapido, più leggero e più efficiente.
Molti poi hanno paura di cambiare, perché
temono che si stravolga l’assetto della Costituzione, che però è invecchiata ed
ha bisogno di modifiche.
Ora qui si vedrà se l’Italia è ancora viva e
può cambiare, o se è definitivamente morta e destinata ad un inesorabile
declino.
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