sabato 26 novembre 2016

Il paese degli inconcludenti

Da decenni ripetiamo che il bicameralismo paritario è un’inutile perdita di tempo e che dovremmo cambiarlo. Ma nessuno c’è mai riuscito: all’ultimo passo c’è sempre qualcuno che si tira indietro. È impossibile in queste condizioni fare riforme costituzionali condivise da tutti. Troppe sono le divergenze e le divisioni.
In attesa della riforma perfetta, continuiamo a lamentarci e a rimanere fermi. Ricordiamo con nostalgia il 1948, quando, dopo la guerra, tutti i partiti si unirono per scrivere la Costituzione. Però quel momento è irripetibile, a meno di un nuova guerra…
Il motivo di tanta inconcludenza non sta in questa o quella obiezione all’attuale riforma costituzionale, ma nell’odio politico che avvelena l’Italia, nella faziosità dei partiti, negli interessi personali. Ognuno ostacola l’altro.
È qui la causa della nostra inconcludenza: non siamo un popolo unito.
L’italiota assomiglia al tizio che, per fare un dispetto alla moglie, si tagliò i coglioni.
Così fanno gli italiani da secoli: si intralciano a vicenda e mettono l’interesse dell’individuo o della fazione davanti all’interesse collettivo. Inoltre sono inguaribilmente provinciali, anzi comunali, anzi paesani.
Non a caso l’ultima riforma approvata è stata l’istituzione delle regioni, dove gli italioti si sono ritrovati nelle loro antiche e piccole patrie, l’una contro l’altra armata. In tempi di globalizzazione, noi ci siamo attaccati al paesello, possibilmente al dialetto locale, quello che due chilometri più in là non si capisce più. E le regioni si sono subito messe a spendere, a contrapporsi e a spartirsi cariche e prebende. Ognuna vorrebbe essere un piccolo Stato.

Ora ci sarebbe una riforma che metterebbe fine a questo desolante e ridicolo panorama. Ma i soliti italioti si sono messi di traverso. E, per fare un dispetto agli altri, si stanno tagliando i coglioni, cioè il proprio futuro.

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