Chi vota sì al referendum di domenica
4 dicembre vuole per lo meno cambiare
qualcosa in una situazione costituzionale insoddisfacente. Tant’è vero che
questi cambiamenti erano richiesti da decenni.
Chi vota no crede che tutto rimarrà
così com’è. Ma si sbaglia. Votare no è tornare indietro. Come tornano indietro
i cinquestelle: la sindaca di Torino dice no alla Tav, la sindaca di Roma dice
no alle Olimpiadi, alla nuova metropolitana e ai centurioni (che male
facevano?) e Grillo dice ai suoi di votare non con il cervello, ma con la
pancia.
Più regressione di così…
Inoltre, votando no si indebolisce il
governo in un momento in cui dobbiamo confrontarci con l’Europa dell’austerità e
con l’America di Trump. Invece di presentarci con un governo forte, noi ci presentiamo
con un governo dimissionario e poi forse con un governo tecnico, debole per
definizione. Tutti divisi, come al solito.
Infine, non si parlerà più per i
prossimi vent’anni dell’abolizione del bicameralismo perfetto, della riduzione dei
membri del Parlamento più numeroso e inefficiente d’Europa e di un
riallineamento tra Stato e Regioni.
Questa è l’ultima occasione. O si va
avanti o si regredisce.
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