venerdì 23 settembre 2011

Ritratto di un leader

Chi fosse Berlusconi era chiaro a molti italiani fin dall'inizio. Un tizio  che confondeva privato con pubblico, che faceva i suoi porci comodi, che aveva un gigantesco conflitto d'interessi, che soffriva di una dipendenza sessuale (sua moglie lo aveva definito "malato"), che si serviva del suo potere per sfuggire ai processi e per farsi leggi ad personam e che era dominato da un ego ipertrofico. Pieno di sé, volgare, logorroico, convinto che con il denaro si possono comprare non solo le donne ma anche i parlamenti e i giudici.
Tutto questo era chiaro a molti italiani. Ma non a tutti. Metà dell'elettorato invece lo adorava, si riconosceva in lui e soprattutto era disposto ad accettare ogni imbroglio. E' questo che preoccupa. Quanti milioni di italioti siano facilmente abbindolabili dal primo venditore di fumo che passa loro davanti promettendo mari e monti. Quanti milioni di illusi possano seguire un lestofante abile a incantarli con il suo piffero magico.
Il problema non è Berlusconi. Il problema sono gli italioti che lo hanno eletto. Che cosa può esserci nella loro testa? Da chi potrebbero ancora farsi infinocchiare?
Putroppo milioni di italiani, abituati in questo dalla sottocultura cattolica, credono ancora al salvatore della Patria, all'uomo che con la bacchetta magica è in grado di risolvere ogni problema. Non hanno ancora capito che ognuno deve rimboccarsi le maniche e fare da sé, non affidarsi ciecamente all'uomo della Provvidenza.
Per avere una vera democrazia, non basta neppure votare una volta ogni cinque anni. Ci vuole un controllo continuo di ciò che fanno e decidono i politici.

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