In meditazione, l'arretramento del soggetto significa rinunciare
alla pretesa di cercare la realizzazione o l'illuminazione per potenziare il
proprio io, dismettere la volontà di autoaffermazione egoica, e rendersi conto
che soggetto e oggetto sono complementari, le due facce di una stessa medaglia,
e che ogni persona è il nodo di una rete, è il frutto di un lungo e complesso
percorso che lo ha condotto a quel punto.
Significa meditare
dimenticandosi di essere un sé.
Di solito noi pensiamo
di essere un soggetto che percepisce un certo oggetto. Ma, accrescendo con una
forte concentrazione, la consapevolezza dell'oggetto, cessa l'idea di essere
entità separate e si giunge ad un'esperienza di unità. Questo vale a maggior
ragione se l'oggetto della percezione diventa il soggetto stesso, ovvero se il
soggetto si concentra acutamente su di sé.
Per far questo,
chiudere gli occhi e concentrarsi non su un oggetto specifico, ma sul proprio
centro.
"Ciò da cui arretrano le parole e che non è conseguibile
nemmeno con il pensiero"
Taittiriya
Upanishad
Qui
subentra la paura di perdere se stessi. In realtà si va al di là della
divisione tra soggetto e oggetto.
Questo post cosi apparentemente semplice mi porta due domande per me profonde:
RispondiElimina1)Considerando che passo 13 ore al giorno lavorando su cose complesse(economia, programmazione). Come posso meditare mentre lavoro? Io mi sento un soggetto(me stesso) che percepisce un oggetto( la materia di studio, un bug da risolvere, un mercato finanziario da esaminare), come posso diventare uno con l'oggetto di studio cosi da contemplare l'Atman? Posso diventare uno anche con altri quando faccio un meeting, se le persone sono a me non proprio gradevoli ex. Salvini? In altri termini come posso sospendere le mie attivita' mentali falsificanti per ritrovare il Purusa mentre studio, per dirla come in tecniche della meditazione orientale?
2) E' possibile creare questa unita' senza cambiare le proprie abitudini, insomma intraprendere un cammino iniziatico? Ok si rimane sempre umani, ma dove finisce la spontaneita', dove inizia il bisogno di un cammino. Vedevo ieri uno speciale cristiano su I padri del deserto, diceva il monaco io faccio la preghiera del signore e sto nel silenzio delle montagne per qualche settimana, e ripeto la preghiera per disattivare il mio io, ma devo sempre lottare. Mo se deve lottare un monaco come possiamo noi diventare uno con il tutto, con l'Ogetto, se l'io e' sempre presente?